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Gentile mister Obamaaa

la lettera di lunedì 5 novembre

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    Gentile mister Obamaaa (scusi la citazione storica),
    forse ricorderà questo video girato qualche mese fa in una scuola dell’Ohio. Il piccolo Matt, che vuole arrivare in fondo alla corsa nonostante sia afflitto da una sindrome spastica, incarna lo spirito americano meglio di un articolo della Costituzione. E ancora di più lo incarnano quei compagni e parenti che incitano Matt, ma non lo sfiorano neanche con un dito, perché in America siete fatti così: dovete farcela da soli.
    Invece a noi europei, impenitenti mammoni, non dispiace ricevere un aiutino. Ce lo saremmo aspettati proprio da lei, quattro anni fa, quando salì alla Casa Bianca portando sulle spalle le aspettative del mondo intero, comprese le nostre. 
    Yes, we can. Sì, noi possiamo: fermare la guerra, la crisi, il declino, i cinesi, i banchieri, la globalizzazione cattiva, il declino del ceto medio, la povertà. Sì, possiamo credere nei nostri sogni e magari realizzarne qualcuno: un mondo meno ingiusto, più verde, più tollerante.
    In realtà, mister Obama, abbiamo potuto ben poco. Anche Lei, che si è rivelato per quello che è: un politico intelligente, ma non un messia. Ha finito una guerra, difeso l’aborto e approvato una riforma sanitaria che il suo rivale considera troppo europea, cioè troppo umana. Ma nessun uomo può fermare una crisi epocale, neppure il presidente degli Stati Uniti. La sua colpa è di averci illuso del contrario. Il suo merito è di non avere approfittato di quell’illusione per ergersi a tribuno del popolo. Come avrebbe fatto qualche politico sudamericano o sudeuropeo. 
    Il suo rivale Romney è privo di ricette moderne per l’economia e più arretrato di Lei nei diritti civili. Per questo anche stavolta le darò idealmente il mio voto. Con la testa, però. Non più con il cuore. Quello dovrà riconquistarselo nei prossimi quattro anni. Se come il piccolo Matt sarà capace di mettersi, nonostante tutto, a correre.
    Buonasera. Good night

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