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Domus del chirurgo

Nel 268 a.C. il Senato di Roma inviò 6 mila soldati, per fondare una nuova città, una colonia, in pieno territorio gallico come caposaldo per l’espansione romana verso nord. Quei soldati, in realtà più dei contadini-soldati, provenivano dal Lazio e dalla Campania e decisero di costruire questa città alla foce di un fiume, l’Ariminus, e di conseguenza chiamarono la città Ariminum. Oggi Rimini.

Naturalmente con il passare delle generazioni le cose cambiarono. I Galli vennero sconfitti in tutta Italia e in Europa, Roma diventò una potenza su più continenti e Rimini diventò un cardine della nostra penisola, perché collegava il Nord e il Centro Italia. In effetti qui arrivano 3 strade consolari: la Via Emilia verso la Pianura Padana, la via Popilia verso il Friuli Venezia Giulia, e la via Flaminia, verso Roma.

E proprio dove la Flaminia giunge in città, Augusto fece costruire questo imponente arco a ricordo della sua vittoria su Cleopatra e Marco Antonio e della pace che ne seguì. Sta in piedi da quasi 2000 anni ed è una vera porta della città, con delle figure di divinità. Verso Roma: Apollo e Giove; verso Rimini: Roma e Nettuno. Allora aveva una cosa in più: era sormontato da una quadriga di bronzo dorato condotta proprio da Augusto in persona.

Se ci fossimo trovati nel centro di Rimini in età romana, avremmo riconosciuto i due viali principali, messi a croce, il Cardo e il Decumano. E qualcuno ci avrebbe mostrato persino il luogo, dove Giulio Cesare decenni prima nel 49 a. C., dopo avere attraversato il Rubicone, parlò ai suoi legionari prima di marciare su Roma.

Ma come erano fatte le case allora e chi ci viveva? E’ rimasto qualcosa? La risposta è si, e lo si può ammirare grazie ad una intelligente e esemplare collaborazione tra il Comune di Rimini e la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, che consente a tutti oggi di esplorare i resti di una casa romana. E non una casa qualsiasi. Ma la casa di un medico chirurgo.

E un altro aspetto che rende speciale questo sito è che è un’area archeologica aperta a tutti, e visitabile come fosse una vetrina sul passato.
Sono emersi mosaici risalenti all’età imperiale. E sono rimasti sepolti per secoli. Appartengono a due case romane, due domus, come si dice. Una più recente con degli splendidi mosaici geometrici. Era una casa importante di una famiglia molto ricca, vissuta nel V e VI secolo. Aveva anche delle terme private. Si rimane stupiti dall’eleganza delle forme, dei “nodi” rappresentati. Eppure pensate l’età romana stava volgendo al termine quando vennero realizzati.

Ma la scoperta che ha appassionato tutti è la domus più antica. La casa del chirurgo appunto. Lo sappiamo per via degli oggetti ritrovati.
Il chirurgo aveva qui il suo studio medico, nella stanza con il Mosaico di Orfeo. Secondo la mitologia, Orfeo con la sua cetra sapeva calmare e rendere mansueti gli animali e sconfiggere la morte. Un’immagine per dare fiducia ai pazienti. Forse qui operava aiutato dai suoi assistenti.

Accanto c’è una stanza attigua, un cubiculum dove si pensa avvenisse il ricovero giornaliero dei pazienti esattamente come accade per i nostri Day-Hospital. Anche qui il mosaico è davvero elegante.

Ma che aspetto avevano queste stanze? Sulla base dei frammenti rinvenuti, nel Museo Civico di Rimini sono stati ricostruiti questi due ambienti: lo studio del chirurgo e la stanza usata per il Day-Hospital. Le pareti erano colorate, con riquadri e decorazioni.

La casa aveva anche un piano superiore, con la cucina e un deposito, crollati a causa di un incendio, come testimoniano i resti lasciati volutamente dagli archeologi.

Questo incendio ci racconta una storia. Un assalto dei barbari. Infatti questo chirurgo visse nel momento in cui l’Impero attraversò un periodo di confusione e debolezza. Era il 260. Ne approfittarono i barbari che fecero profonde scorrerie e razzie. Qui arrivarono gli Alamanni. E arrivarono dal mare. In effetti questa casa si trovava in un quartiere periferico della città quasi lungo la spiaggia e subì l’impatto dell’assalto.

Non sappiamo se il chirurgo si trovasse ancora qui o se sia fuggito in tempo. Gli archeologi non hanno trovato scheletri, ma delle armi: delle lance. Sono quelle della battaglia? O erano qui per la difesa? Non lo sapremo mai. L’incendio scoppiato nell’assalto dei barbari ha fatto crollare l’edificio sigillando tutto.

Ma così facendo ci ha fatto un regalo. Ha sepolto e conservato tantissimi oggetti. Che ci consentono di ricostruire la figura del chirurgo e il suo lavoro. Innanzitutto chi era e come si chiamava? Lo sappiano grazie a una bellissima scoperta fatta dagli archeologi nella stanzetta usata per il Day-Hospital. Sulla parete un paziente ha inciso il nome del medico: Eutyches. Eutyches è un nome Greco corrispondente al nostro Fortunato, ed era diffusissimo tra i medici dell’antica Roma. Quindi il medico era di origine greca, o quanto meno greco-orientale, e lo capiamo da altri indizi.

Nel suo studio medico, sono riemersi più di 150 strumenti chirurgici in bronzo e ferro. Alcuni dei quali ancora nei loro astucci cilindrici di ferro. Abbondano bisturi, diversi per forma e grandezza. Tra pezzi integri e lame singole se ne contano quasi 60 con almeno 10 tipi di lame diverse (più di 30, oltre a 10 manici e 17 lame rinvenuti isolatamente). Alcuni, lo si è capito erano usato per interventi agli occhi, altri per la dissezione del torace.

Quello che sorprende semplicemente scorrendo queste lame e questi bisturi è vedere quanto fossero già profonde e moderne le conoscenze anatomiche e le tecniche chirurgiche in quei tempi così antichi. E non è finita.

I medici allora dovevano fare di tutto, anche estrarre i denti. Considerate che non esisteva l’anestesia e c’erano solo blandi analgesici. E’ facile immaginare a quante ne abbia fatte questo medico! E non solo: una piccola lima di ferro serviva per la rimozione del tartaro e per la riduzione di denti sporgenti.

Curiosamente mancano totalmente degli strumenti ginecologici, e questo farebbe pensare che questo medico si sia formato in ambiente militare anche perché buona parte degli strumenti sono per la chirurgia ossea e per i traumi.

Questo medico non era solo chirurgo, ma secondo i precetti della professione di allora, doveva essere anche farmacista. Quindi preparava unguenti e medicamenti soprattutto con le erbe, come testimoniano altri oggetti scoperti dagli archeologi nel suo ambulatorio.

Probabilmente Eutyches era uno dei migliori medici e chirurghi in circolazione da queste parti, ma non poteva salvare tutti. Allora infatti nessuno conosceva i batteri o i virus. Molte morti non erano spiegabili allora. E non è un caso che questo medico si circondasse nel suo studio di amuleti, oggetti porta-fortuna oppure oggetti che invocassero la protezione degli dei.

Tutto questi oggetti sono riemersi in pochi metri quadri del sottosuolo di una piazza di Rimini. Non avremmo mai saputo dell’esistenza di Eutyches, se non ci fosse stato quell’incendio. E così la storia di quest’uomo è ritornata alla luce, ritrovando il suo posto nell’enorme mosaico della storia: una storia di date, di grandi personaggi certo, ma anche di gente comune, come, appunto, il chirurgo di Rimini.
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