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Ultime note di un genio (2)

in onda sabato 29 marzo alle ore 15,30

Ultime note di un genio (2)Proseguiamo il nostro percorso nelle zone estreme del catalogo beethoveniano, corrispondenti (anche se non sempre in modo preciso) all'ultimo periodo di vita del musicista; oggi faremo un'immersione sonora nella musica cameristica composta da Ludwig van Beethoven in quello che è stato definito il suo terzo periodo creativo.

Beethoven aveva già preparato il suo addio al mondo nel 1802, scrivendo il celebre e commovente "Testamento di Heiligenstadt" in cui ribadiva il suo amore incommensurabile per la vita, segnato dalla sofferenza di una malattia che lo avrebbe isolato sempre più; nei 20 anni che seguono il musicista continua ad esprimere la sua grandezza di uomo e di artista con le sue opere, che sono davvero segno eterno dell'arte di un genio.

Dopo la Nona Sinfonia, la Missa Solemnis e le ultime sonate per pianoforte Beethoven sceglie il linguaggio intimo della musica da camera, e compone i suoi ultimi quartetti per archi, di cui ascolteremo il n. 15 in la minore op. 132; ultimato nel 1825 (di qualche mese anteriore al quartetto op. 130) esso presenta, situato al centro dei suoi cinque movimenti, quella "Canzona di ringraziamento offerta alla divinità da un guarito, in modo lidico" che, come ha acutamente scritto da G. Carli Ballola, "è sempre stata giustamente considerata tra le espressioni più individuali e più visionarie di tutta la musica beethoveniana, anche se essa deve paradossalmente quel suo carattere così intimamente soggettivo a una sorta di sublimazione del materiale musicale".

Pubblicato a Vienna nel 1824 ma composto nel '14, il Canto Elegiaco op. 118 è un delicato epitaffio dedicato da Beethoven al ricordo della scomparsa consorte del Barone von Pasqualati, generoso padrone di casa viennese del Nostro; il carattere intimo espresso dall'organico della partitura originale (due quartetti di cui uno di cantanti e l'altro d'archi, organico difficilmente rinvenibile nelle esecuzioni), si unisce ad una meditativa solennità.

Rifiutata dall'editore Peters perché troppo breve, l'Arietta "Der Kuss" ("Il Bacio") venne pubblicata da Schott (prima come op. 121, poi 128) nel 1825, anche se la sua composizione inizia nel 1798 e viene rielaborata da Beethoven fino al 1822; una amabile ironia pervade il testo e la musica lo asseconda, in un quadretto che ci rivela uno degli aspetti meno evidenti della multiforme ispirazione beethoveniana.

La Grande Fuga op. 133 per quartetto d'archi - inizialmente concepita come finale del Quartetto op. 130 e poi resa autonoma - rappresenta un atto di eroismo estremo del musicista tedesco, che sfida tutti i canoni architettonici ed estetici affermando la sua individualissima posizione, compresa ed apprezzata solo molto più tardi, addirittura nel XIX secolo; essa fu composta nel 1825 da Beethoven che la trascrisse l'anno seguente per pianoforte a 4 mani, con un meccanismo di "ri - creazione musicale", non mera trascrizione ma vera riscrittura del brano, ripensato per un'altra sonorità che comunque bene esprime e in certo senso difende nella sua complessità la volontà di sintesi del Maestro.

Il Quartetto op. 135 va considerato il vero congedo di Beethoven, che morirà solo cinque mesi dopo; terminato nell'ottobre del 1826, questo quartetto, tradizionale nella struttura e nella durata, è proiettato ben oltre l'800, e il XX secolo lo ha preso come punto di partenza ideale delle proprie ricerche sul suono.

Nell'opera 135 (qui proposta in una trascrizione per orchestra d'archi) Beethoven trasfigura ogni propria ispirazione, e pare acquisire simbolicamente le istanze dell'intera umanità; paragonato frequentemente al mitico Atlante, il musicista affronta quella che egli stesso chiama nell'ultimo movimento "La grave risoluzione" con un senso ineluttabile ma profondamente affermativo di quel Destino che l'arte, l'amore e la passione sono capaci di superare.


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