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Berlioz ed il suo Requiem

in onda venerdì 24 ottobre alle ore 15,30

Berlioz ed il suo RequiemNell'attentato ordito nel luglio 1835 dal cospiratore corso Giuseppe Fieschi contro il corteo reale di Luigi Filippo, il re restò illeso, ma insieme a guardie, passanti e persone del seguito reale, cadde anche il maresciallo Mortier; nel 1837 un amico di Hector Berlioz, figlio del Ministro degli Interni, convince il padre a commissionare al musicista una Messa da Requiem proprio in memoria di Mortier.

Per Berlioz è la prima commissione ufficiale, ed è anche l'occasione di mettere mano ad uno dei testi sacri che maggiormente lo interessava: "Il testo del Requiem era per me una preda da lungo tempo bramata, che finalmente mi veniva offerta, e sulla quale mi gettai con una sorta di furore. La mia testa sembrava vicina a scoppiare sotto l'impeto dei miei pensieri ribollenti. Non riuscivo a completare il progetto di un pezzo, che già si presentava il prossimo. (...) Ho scritto dunque quest'opera con grande rapidità, e soltanto molto tempo dopo vi ho apportato un esiguo numero di modifiche".

Da marzo a giugno di quell'anno il compositore riuscì così a costruire un grande affresco, la sua "Grande Messe Des Morts op. 5"; concepita per tenore, coro e orchestra, l'opera adotta liberamente il testo liturgico latino e di esso sottolinea, oltre alla drammaticità espressiva, anche la valenza fortemente interiore e trascendente: "...è una poesia di immensa sublimità. Dapprima ne sono rimasto inebriato, poi ho guadagnato il sopravvento su me stesso, ho preso dominio del mio soggetto, e oggi credo che la mia partitura sarà decisamente grande".

La cerimonia commemorativa però fu privata della musica ed il povero Hector dovette attendere per vedere eseguita la sua composizione; Berlioz, che da un anno attendeva che la sua opera "Benvenuto Cellini" venisse rappresentata all'Opéra, scrisse a Franz Liszt di getto: "Saprai già della nuova mazzata che ho preso! Ma per fortuna ho la testa dura e per spaccarmela ci vorrebbe uno straordinario tomawak".

Deluso e addolorato, soprattutto perché convinto in cuor suo che eseguendo quel Requiem "molte cose si sarebbero sentite per la prima volta", Berlioz compì una piccola vendetta letteraria: abile e sagacissimo critico e scrittore, inserì questa sua delusione in una delle sue novelle, poi raccolte sotto il titolo di "Serate d'Orchestra"; in essa il musicista, calatosi nei panni di Alfonso della Viola (polifonista della metà del '500) fa il suo sfogo epistolare di artista incompreso proprio con il grande Benvenuto Cellini

"Tu sai con quale perseveranza lavoro ormai da lunghi anni per aumentare le forze e moltiplicare le risorse della musica. Sai anche come niente abbia potuto fermarmi: né l'atteggiamento ostile degli anziani maestri; né le stupide beffe dei loro allievi; né la diffidenza dei dilettanti, per i quali sono solo un uomo bizzarro più prossimo alla follia che al genio; né gli ostacoli d'ogni genere che sono generati dalla povertà........Stai pur certo, Benvenuto, ciò che oggi i nostri maestri, inebriati dalle loro opere, chiamano culmine dell'arte è tanto lontano da quello a cui tra due o tre secoli verrà dato il nome di musica, quanto i piccoli mostri bipedi modellati con il fango dai bambini distano dal tuo sublime Perseo e dal Mosè di Buonarroti...Viltà! Onta! Mi sento le lacrime agli occhi. Ma si scacci ogni debolezza! Forza, perspicacia, sangue freddo: queste le cose di cui adesso ho bisogno."

Superate le rivalità del potente ed accreditato Cherubini con la forza, perspicacia e sangue freddo di cui sopra, Berlioz ed il suo Requiem nel dicembre del '37 furono accolti dal pubblico degli Invalides con pianti, applausi e crisi di nervi, decretando enorme successo all'imponente composizione.

L'esecuzione proposta, realizzata nel 1970, è affidata a Sir Colin Davis, che con la London Symphony Orchestra ha inciso integralmente la musica sinfonica di Hector Berlioz.


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