Scatti di scena

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Intervista ad Andrea Bosca (Pasquale Ciofini)

Che tipo di approccio hai avuto verso questo film?

Avevo già lavorato in passato con Sergio Giussani, un produttore costantemente attento alla qualità dei suoi progetti e sempre in grado di creare attorno a sé una bella “famiglia” professionale. Fin da quando ho sostenuto il primo provino con Maurizio Zaccaro grazie al suo carattere, al suo modo di essere di persona pacata che non alza mai la voce.. mi sono sentito a casa e mi sono ripromesso di dare il massimo per essere scelto, ho insistito per restare ancora nel suo ufficio, chiedendo con grande schiettezza che il nostro incontro potesse durare più a lungo.. Di Maurizio mi hanno colpito l’estrema professionalità e la franchezza che rappresentano la sua cifra peculiare, è un regista sempre attento alle sfumature, una persona seria capace di creare sempre un bellissimo clima sul suo set ma anche un tipo goliardico e giocoso: fin dalla fase iniziale del provino ha sentito l’impulso di filmare direttamente  lui, “gettando l’occhio”dietro la cinepresa , la scena che recitavo “sotto esame” e allo stesso modo in seguito, durante le riprese vere e proprie sul set, ha filmato lui ogni sequenza con la cinepresa  in spalla. Si faceva portare un bastone su cui c’era una pallina dove appoggiava la cinepresa e girava “rubando” la verità da tutte le parti, attento a ogni dettaglio e continuava a darti indicazioni di regia e a spiegarti i pensieri del tuo personaggio, come se fosse all’interno di un bel gioco, senza essere mai serioso. La parola risolutiva per rendere al meglio il personaggio è stata “temperanza”: Maurizio l’ha pronunciata nel momento clou di una scena importante mentre lo guardavo negli occhi riuscendo a chiarirmi icasticamente l’intero arco narrativo di Pasquale che in certe occasioni poteva sembrare invece intemperante perché reagiva d’istinto. E’ stato il momento in cui l’ho sentito più vicino, era come se mi stesse svelando la chiave che avrebbe voluto vedere rappresentata, quella che per lui era la più profonda.

Chi è Pasquale Ciofini?

Apparentemente è un tipo semplice, un contadino e per renderlo al meglio mi sono ispirato alla figura di mio nonno che era stato un carabiniere. Il sogno di Pasquale  è quello di poter tornare a casa, comprare un pezzo di terra e vivere in pace, è un’aspirazione comune a tante persone, che ho potuto sperimentare da vicino nel mio paese (Canelli, in provincia di Asti), una tipologia piuttosto diffusa per gli italiani di quel periodo, che conoscevo bene attraverso i racconti dei miei familiari. E’ un personaggio che mi ha colpito molto perché è un uomo semplice che quasi non conosce la Storia e non sa bene cosa deve fare, ma porta con sè uno spiccato senso del dovere, della lealtà, dell’agire in nome di tutti: in fondo incarna pienamente le motivazioni profonde per cui tutti noi abbiamo voluto girare questo film così appassionato e necessario. Ciofini è il più umano e il meno “eroico” del suo gruppo ma si ritrova a fare suo malgrado qualcosa che non voleva affatto: mentre è in fuga per ripararsi da un imboscata dei nazisti fa partire accidentalmente un colpo e uccide un tedesco: questo evento genera una rappresaglia dei nazisti che diventano sempre più intrnsigenti proprio mentre i carabinieri stavano aiutando Alleati e  partigiani a costruire un ponte decisivo..Pasquale diventa importante nel momento in cui compie una scelta da uomo mite che crede in certi valori e la sottopone al suo capo, il brigadiere Amato, che “rilancia” in maniera inaspettata.. Nell’ambito del racconto è il testimone di quello che quei tre grandi uomini hanno fatto, il narratore degli eventi, il personaggio che resta in scena sino alla fine: a partire dal suo gesto imprevedibile tutto precipita e lui si sente molto in colpa ma saprà assumersi le sue responsabilità.

A parte la comune estrazione per cui ti sei rifatto ai tuoi antenati che cosa ti ha emozionato?

La storia in sé, i valori che proponeva che sono quelli in cui credo e che rappresentano l’orgoglio degli italiani, mi ha colpito molto il coraggio di queste persone che è rimasto ancora vivo all’interno del nostro spirito nazionale, mi ha emozionato molto l’opportunità di toccare queste corde e anche quella di lavorare con una serie di attori eccellenti che sono riusciti tutti a rendere il clima giusto, a dare un’umanità a chi lavora per la nostra sicurezza, a chi è disposto a dare la vita. Nel finale della storia mi sono molto commosso, è una bella differenza girare un film su qualcuno che è esistito davvero, un attore va comunque verso una direzione di verità ma sapere che un certo episodio che stai rappresentando è avvenuto davvero ti colpisce, ti emoziona. Fin dalla fase che ha preceduto le riprese abbiamo tenuto ben presente che stavamo raccontando i nonni di qualcuno, i nostri nonni, e quindi tutti gli italiani, certe costanti di sempre, la storia di chi ha fatto qualcosa di importante per salvare il proprio Paese e la propria gente. “A testa alta” mette in evidenza che se si riesce a salvare la pelle ma poi vengono distrutte le cose importanti intorno a noi non rimane niente: i martiri di Fiesole sapevano che questo era il conflitto decisivo: salvare la propria vita o salvare qualcosa di bello dei valori condivisi, delle tue persone di riferimento.

Ricordi un giorno più speciale di altri?

La scena che apre il film, l’abbiamo girata verso aprile, faceva ancora freddo e Ettore Bassi doveva gettarsi in un lago ghiacciato e nuotare.. è stato bravo a sopportare le avversità del freddo ma l’abbiamo preso in giro tutti in maniera atroce.. ferma restando la consapevolezza di tutti di stare facendo qualcosa di importante e utile il clima di cameratismo goliardico del gruppo faceva sì che alla fine si smitizzasse tutto, la storia è anche attraversato da momenti di lieve commedia che rappresentano la sua grande forza: nessuno di noi può vivere solo di estremo dolore e di senso di perdita Zaccaro in certi momenti si comportava un po’come un caporale al servizio militare richiamando all’ordine per cognome i suoi “sottoposti” e alimentando una sorta di scherzoso rapporto gerarchico, ma in realtà abbiamo dato vita tutti ad un bel gioco, facevamo gruppo anche nella vita, mangiavamo insieme, è nata un’amicizia profonda che ci ha portato a continuare a sentirci e vederci anche nei mesi successivi alle riprese.

 

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